La tenace presenza di Balzac nel cinema pone una serie di domande alle quali cercherò di dare una forma unitaria, per arrischiarmi, poi, a suggerire alcuni tentativi di risposta. In termini elementari la questione è così riassumibile: Balzac è tra gli autori ottocenteschi quello le cui opere hanno goduto e continuano a godere del maggior numero di adattamenti cinematografici1; un tale fatto, naturalmente, interroga gli studiosi e invita ad alcune riflessioni.
In primo luogo è ben noto quanto la sintassi della narrazione sia diversa dalla sintassi della rappresentazione. La capacità di un testo di superare la traduzione in un linguaggio differente, da narrativo a visivo, e di cambiare medium testimonia la tenuta del testo stesso e ne fa apprezzare il valore di classico. Le opere di Balzac adattate in un altro linguaggio trasmettono lo stesso senso o un senso senza deformare quello originale e sono in grado di rivolgersi a spettatori di epoche assai diverse, anche ben più tragiche di quelle dell’ambientazione dei romanzi: durante il periodo dell’occupazione della Francia (1940-1944) romanzi e racconti di Balzac sono trasposti sullo schermo con frequenza impressionante2.
Perché, dunque, tanti registi e sceneggiatori hanno utilizzato i romanzi balzachiani o ne hanno ripreso spesso la struttura narrativa? A cosa si deve l’ininterrotta fortuna e la capacità di intercettare i gusti, le epoche e gli orientamenti più vari, critici e ideologici, dei registi?3
Una risposta che riconduca il successo filmico di Balzac al prestigio culturale e alla rispettabilità di un autore consacrato della letteratura francese o all’elevatissimo numero di opere pubblicate non sarebbe soddisfacente; una soluzione altrettanto riduttiva sarebbe ritenere Balzac un porto sicuro per la tradition de la qualité: per quei prodotti filmici privi di immaginazione e ricchi di forma stigmatizzati in un classico articolo di François Truffaut4. Non è così: Balzac non è il padre nobile che innalza la qualità di opere mediocri, né è un nome da inserire nei titoli di testa per impressionare gli spettatori e appagare con poco impegno ansie culturali.
La fortuna di Balzac nel mondo della creazione filmica si deve, piuttosto, alla struttura delle trame da lui concepite; un reticolo di storie e di personaggi che si incontrano, che ritornano e che assumono maggiore o minore rilevanza nei vari romanzi, avrebbe dovuto costituire, secondo il piano di Balzac, una completa Comédie humaine. Siamo già di fronte, quindi, all’idea della serialità, di un dispositivo complesso nel continuum narrativo di una vicenda che ha come centro di gravità Parigi (o la provincia) e la nuova vita borghese.
Anne-Marie Baron rileva opportunamente questo aspetto, notando quanto il film corale, un affresco di personaggi dove l’incrocio di storie è la regola, ha sempre più spazio nel cinema contemporaneo. Senza essere tratti da opere del grande scrittore, per esempio, Short Cuts (America oggi, Robert Altman 1993), Crash (Paul Haggis, 2004) e Babel (Alejandro G. Iñárritu, 2006) possono essere definiti film balzachiani5.
Si deve considerare, inoltre, che in romanzi come Le Colonel Chabert (1834) e La Duchesse de Langeais (1836), Balzac impegna a fondo registi che si siano misurati con l’importanza centrale della memoria e con il peso doloroso del passato; tutto questo è facilmente trasponibile in anni diversi e situazioni diverse senza che nulla della loro verità si perda.
Nelle opere di Balzac, poi, la ricchezza di descrizioni, dettagli, approfondimenti psicologici e finezze diventano una base ideale per sceneggiatori e registi, sempre alla ricerca di personaggi vividi, storie credibili e oggetti e ambienti di facile visualizzazione. Balzac, certo, non è il primo autore che faccia della cura dei particolari e del realismo dei personaggi il proprio punto di forza; Walter Scott, un autore assai ammirato da Balzac, ha ideato il modello e la tecnica per questa scrittura6. L’ambizione di scrivere romanzi ambientati nel passato e di confrontarsi con il maître sul suo stesso terreno ha tentato Balzac, ma la consapevolezza del lungo tempo necessario per acquisire l’indispensabile conoscenza dei particolari e dei dettagli d’epoca lo hanno distolto da tali esperimenti.
Nell’abbagliante Avant-propos à la Comedie humaine tutto diventa chiaro: Scott può essere preso come modello non per l’ambientazione storica ma per la sua struttura più profonda: «Quoique, pour ainsi dire, ébloui par la fécondité surprenante de Walter Scott, toujours semblable à lui-même et toujours original, je ne fus pas désespéré, car je trouvai la raison de ce talent dans l’infinie variété de la nature humaine. Le hasard est le plus grand romancier du monde: pour être fécond, il n’y a qu’à l’étudier. La Société française allait être l’historien, je ne devais être que le secrétaire. En dressant l’inventaire des vices et des vertus, en rassemblant les principaux faits des passions, en peignant les caractères, en choisissant les événements principaux de la Société, en composant des types par la réunion des traits de plusieurs caractères homogènes, peut-être pouvais-je arriver à écrire l’histoire oubliée par tant d’historiens, celle des mœurs. Avec beaucoup de patience et de courage, je réaliserais, sur la France au dix-neuvième siècle, ce livre que nous regrettons tous, que Rome, Athènes, Tyr, Memphis, la Perse, l’Inde ne nous ont malheureusement pas laissé sur leurs civilisations, et qu’à l’instar de l’abbé Barthélemy, le courageux et patient Monteil avait essayé pour le Moyen-Âge, mais sous une forme peu attrayante».
Il risultato è straordinario, benché ancorati alla propria epoca, alla società francese del XIX secolo, i personaggi e le storie di Balzac si mostrano particolarmente adatti a essere ripresi e trasposti in epoche diverse, mostrando un’adattabilità e una capacità di reimpiego singolari. La grande fruibilità è conferita, anche, dalla tensione erotica sempre presente nei romanzi e dall’incompletezza e insoddisfazione destinata alla fine alle passioni.
La rappresentazione del mondo femminile costituisce un altro grande punto di forza per la trasposizione dei romanzi in film. La femminilità vista come potenziale attrazione di sciagure, sia che la donna accetti la condizione subalterna e le scelte altrui o che tenti la ribellione con forme maldestre o sbagliate, gravate da secoli di pregiudizi, miti, inibizioni, censure possiede un’indubbia potenza narrativa.
Sempre nell’Avant-propos Balzac, consapevole della propria capacità «dans la peinture de la femme» si spinge ad affermare che Scott è stato – suo malgrado – condotto a rappresentare in modo inadatto le donne. Nel mondo protestante nulla è possibile dopo una caduta colpevole, mentre in quello cattolico si aprono possibilità infinite di sviluppo narrativo in un testo che metta in scena una donna, ogni situazione nuova crea una nuova figura femminile.
Queste brevi osservazioni possono aiutare a capire la fortuna di Balzac al cinema. I registi e gli sceneggiatori, credo, sono arrivati a considerare il demiurgo della Comédie humaine non un mostro sacro da accostare con reverenza, ma un predecessore, un collega con cui dialogare e, soprattutto un fornitore inesauribile di intrecci, personaggi e storie.
- Anche le sue vicende biografiche hanno attratto i registi, vd., almeno, lo sceneggiato franco-polacco in sette episodi Un grand amour de Balzac (Jacqueline Audry, Wojciech Solarz, 1973) e il film francese per la TV: Balzac (Josée Dayan, 1999).
- Vd. Monteilhet, Les adaptations balzaciennes sous l’occupation. Un cinéma de collaboration ou de résistance ?, in «L’Année balzacienne» III (2002), n. 1, pp. 327-347.
- A.-M. Baron, Pour en finir avec l’adaptation, in «L’Année balzacienne» XII (2011), n. 1, pp. 323-336. Della stessa si veda Balzac cineaste, Paris Klincksieck, 1990; Ce que le cinéma contemporain doit à Balzac, in «L’Année balzacienne», XVI (2015), n. 1 pp. 383-392 e, con J.-C. Romer, Filmographie de Balzac, in «L’Année balzacienne», VI (2005), n. 1, pp. 395-409.
- F. Truffaut, Une certaine tendance du cinéma français, in «Cahiers du cinéma», XXXI (1954), pp. 15-28; vd. A. Preminger, The Human Comedy of Antoine Doinel: from Honoré de Balzac to François Truffaut, in «The European Legacy», IX (2004), n. 2, pp. 173-193.
- Baron, Pour en finir avec l’adaptation, cit., p. 333.
- Vd. dello stesso H. Balzac: «Le maître n’a jamais intitulé l’un de ses ouvrages le Prétendant, mais Waverley, Olivier Cromwell, mais Woodstoock, Marie Stuart mais l’Abbé» da Lettres sur la littérature, le théâtre et les arts, in «Revue Parisienne», I (1840), n. 1-3, pp. 47-98, p. 79. Utili D. R. Haggis, Scott, Balzac, and the Historical Novel as Social and Political Analysis: “Waverley” and “Les Chouans”, in «The Modern Language Review» LXVIII (1973), pp. 51-68; R. Guise, Balzac et le roman historique: Notes sur quelques projets, «Revue d’Histoire littéraire de la France» 75.2-3 (1975), pp. 353-372; W. Conner, Scott and Balzac, in «Scottish Literary Review», VII (1980), n. 1, pp. 65-72.